Nella sentenza che segue, il Giudice di Pace di Napoli ha statuito che “il procedimento dinanzi al Giudice di Pace già prevede sia la conciliazione in sede contenziosa in virtù dell'art. 320 comma I che e in sede non contenziosa (non prevista invece dinanzi al Tribunale) ai sensi dell'art. 322 C.p.c. e tale istituto è preesistente al d.lgs. 28/2010, de quo vertitur, essendo stato introdotto sin dall'istituzione del giudice di Pace (L. 374/91). Il predetto art. 322 c.p.c. detta al primo comma le modalità di presentazione della istanza, la quale può essere proposta anche verbalmente al giudice di Pace competente per territorio secondo le disposizioni della sezione III, capo I, titolo, I libro I mentre al comma 2 precisa che il processo verbale di conciliazione non contenziosa costituisce titolo esecutivo, a norma dell'art. 185, ultimo comma, se la controversia rientra nella competenza del giudice di Pace. Dunque il d.lgs. 28/10 non contiene alcun richiamo al giudice di Pace nè dispone espressamente l'abrogazione degli art. 320 e art. 322 c.p.c. ne deriva che in conformità a quanto affermato dalla Suprema Corte, nel procedimento dinanzi al giudice di Pace vanno applicate le disposizioni di cui al libro II, titolo II, dall'art. 311 al 322 C.p.c ..” (sentenza Giudice di Pace di Napoli 23.03.2012)
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Giudice di Pace di Napoli Avv. Felice Alberto D'Onofrio, II Sezione, ha pronunziato la seguente SENTENZA nel procedimento incardinato con R.G .. N° .. ./11,riservato all’udienza del giorno 12/03/12
TRA
K.... srl, in persona l.r., el.te dom.ta in Napoli, al ... presso lo studio dell'Avv. A..., difensore in virtù di mandato a margine dell'atto di citazione -Attrice-
E
X...Assicurazione Pubblic Limited Company rappresentanza generale per l'Italia, in persona del l.r.p.t., el.te dom.ta in Napoli, alla via ... , presso lo studio dell' Avv. c..., difensore in virtù di mandato in calce alla copia notificata dell'atto di citazione -Convenuta-
Oggetto: risarcimento danni Conclusioni: come da verbali ed atti di causa
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con atto di citazione, ritualmente notificato, l'istante, il quale aveva stipulato con la convenuta polizza n ..... relativa alla copertura rea del veicolo tg. C*). lamentava l'ingiustificato passaggio dalla 3° alla 4° classe disposto dalla convenuta in virtù di un sinistro che sarebbe avvenuto nel 2010. Tanto essenzialmente premesso chiedeva la condanna della XXXX al ripristino della classe di merito ed alla ripetizione delle somme ingiustificatamente versate nonchè al risarcimento danni.
Radicatosi il contraddittorio, si costituiva la convenuta che impugnava la domanda chiedendone il rigetto preliminarmente eccependo improcedibilità della domanda per mancato esperimento della media-conciliazione nonché incompetenza per valore, indi disposto decidersi le eccezioni preliminari unitamente al merito della controversia ex art. 187 C.p.C - 321 c.p.c., precisate le conclusioni di cui in epigrafe, all'udienza del 12/03/12, la causa veniva riservata a sentenza.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Va preliminarmente esaminata la questione della applicabilità al presente giudizio della media-conciliazione. lnvero, non vi è dubbio che la materia trattata rientri in quelle previste dall'art 5 comma I del d.lgs. 28/10 tuttavia, va osservato che una nuova norma non può essere considerata avulsa dal contesto preesistente ma va applicata ed interpretata all'interno dell'ordinamento giuridico nel quale si inserisce. Nel caso specifico va affrontato il rapporto tra il predetto d.lgs., il giudizio dinanzi al giudice di pace e l'art. 322 c.p.c..
Ebbene per risolvere eventuali antinomie l'ordinamento giuridico deve avere una propria coerenza sistemica con la conseguenza che il giudice secondo criteri logici o positivamente presenti, deve stabilire quale sia la norma da eliminare o da applicare al caso concreto.
Come è noto i criteri di risoluzione delle antinomie, sono quattro quello cronologico (lex posterior derogat priori), quello della specialità (lex specialis derogat generali), quello gerarchico (lex superior derogat interiori), ed, infine quello della competenza. In particolare secondo il criterio di specialità va considerato il brocardo "lex posterior generalis non derogat priori speciali". Detto criterio, anche questo avente natura logico teoretica, limita l'applicazione di quello cronologico, poichè nel caso della norma speciale il rapporto contenutistico prevale sulla dimensione temporale.
In questo quadro va contestualizzato l'art 311 c.p.c. il quale prevede espressamente che "il procedimento dinanzi al giudice di pace per tutto ciò che non è regolato nel presente titolo o in altre espresse disposizioni, è retto dalle norme relative al procedimento davanti al tribunale in composizione monocratica in quanto applicabili".
Ebbene, la predetta disposizione, come già puntualmente evidenziato dalla Suprema Corte con ord. n. 21416/08, non soltanto si pone in rapporto di specialità rispetto al procedimento dinanzi al Tribunale, ma si configura come "metanorma" in quanto indica il modo di legiferare in ordine al rito processuale applicabile dinanzi al giudice cui si riferisce.
In particolare, la norma dispone in via diretta che il procedimento dinanzi al giudice di pace è regolato dalle norme del titolo secondo del libro secondo e, per ciò che esse non regolano, da quelle sul procedimento dinanzi al tribunale in composizione monocratica (di cui al capo terzo del titolo primo di detto libro), ed esige che un diverso regolamento risulti da altre espresse disposizioni. Ne discende che una norma sul rito può essere applicata al Giudice di Pace solo se essa lo disponga espressamente altrimenti continuano ad applicarsi le disposizioni di cui al predetto titolo II.
Va, altresì, osservato che il procedimento dinanzi al Giudice di Pace già prevede sia la conciliazione in sede contenziosa in virtù dell'art. 320 comma I che e in sede non contenziosa (non prevista invece dinanzi al Tribunale) ai sensi dell'art. 322 C.p.c. e tale istituto preesistente al d.lgs. 28/2010, de quo vertitur, essendo stato introdotto sin dall'istituzione del giudice di Pace (L. 374/91).
Il predetto art. 322 C.p.c. detta al primo comma le modalità di presentazione della istanza, la quale può essere proposta anche verbalmente al giudice di Pace competente per territorio secondo le disposizioni della sezione III, capo I, titolo, I libro I mentre al comma 2 precisa che il processo verbale di conciliazione non contenziosa costituisce titolo esecutivo, a norma dell'art. 185, ultimo comma, se la controversia rientra nella competenza del giudice di Pace. Dunque il d.lgs. 28/10 non contiene alcun richiamo al giudice di Pace nè dispone espressamente l'abrogazione degli art. 320 e art. 322 c.p.c. ne deriva che in conformità a quanto affermato dalla Suprema Corte, nel procedimento dinanzi al giudice di Pace vanno applicate le disposizioni di cui al libro II, titolo II, dall'art. 311 al 322 C.p.c ..
Una diversa interpretazione non solo sarebbe in contrasto con il delineato quadro sistemico ma si rivelerebbe manifestamente illogica. Ed invero l'intento deflattivo che si è proposto il legislatore è stato assecondato proprio dall'istituto del giudice di pace che è nato (nomen omen) con lo scopo di favorire la conciliazione delle controversie che può avvenire nella fase giudiziale ex art. 320 C.p.c. ovvero in quella stragiudiziale azionabile ex art. 322 c.p.c. e pertanto sarebbe paradossale escludere dal processo conciliativo un istituto che è nato precipuamente per lo svolgimento di tale finalità.
Sotto altro profilo va, in ogni caso, rilevato che il mancato esperimento o conclusione della mediazione, laddove applicabile, non comporta l'improcedibilità della domanda ma ai sensi dell'art 5 d.lgs. 28/10 l'assegnazione da parte del Giudice di 15 giorni per la proposizione della istanza con la fissazione di una successiva udienza dopo la scadenza del termine previsto dall' art 6 del citato d.lgs.
Va, altresì, rigettata l'eccezione di incompetenza per valore tenuto conto che, anche senza la formulazione della clausola di contenimento, il cumulo delle domande non supera la somma prevista dall'art 7 comma 1 c.p.c..
La legittimazione delle parti, intesa come titolarità del rapporto controverso, a differenza della Iegitimatio ad causam, si configura come una questione che attiene al merito della lite e rientra nel potere dispositivo e nell'onere deduttivo e probatorio della parte interessata (ex multis Cass. n. 21192/06, Cass. n. 4796/06, trib. Napoli XI del 28/02/06).
Nel caso di specie, non solo non è stata contestata e quindi non può essere rilevata di ufficio, ma è stata documentata dall'attestato di rischio versato in atti.
Nel merito la domanda è fondata e va accolta.Invero l'art 5 comma 2 D.L. n.7 del 31/01/01 (cd. decreto Bersani Bis) convertito in legge n. 40 del 02/04/07, aggiungendo all'art. 134 i commi 4 ter e quater ha espressamente previsto al predetto comma 4 ter: "Conseguentemente al verificarsi di un sinistro, le imprese di assicurazione non possono applicare alcuna variazione di classe di merito prima di aver accertato l'effettiva responsabilità del contraente, che è individuata nel responsabile principale del sinistro, secondo la liquidazione effettuata in relazione al danno e fatto salvo un diverso accertamento in sede giudiziale.
Ove non sia possibile accertare la responsabilità principale, (ovvero, in via provvisoria, salvo conguaglio, in caso di liquidazione parziale.) la responsabilità si computa pro quota in relazione al numero dei conducenti coinvolti, ai fini della eventuale variazione di classe a seguito di più sinistri" ed al successivo comma 4 - quater : "E' fatto comunque obbligo alle imprese di assicurazione di comunicare tempestivamente al contraente le variazioni peggiorative apportate alla classe di merito.»
Nel caso di specie a fronte di quanto lamentato dall'attore il quale ha documentato il declassamento versando in atti l'attestato di rischio, l'onere della prova incombeva sulla impresa assicurativa.
Di contro l'assicuratore non ha documentato di aver interpellato l'istante, posto che per esplicita statuizione normativa sull' assicuratore ricade l'onere, prima di liquidare il danno, di accertare la responsabilità dell'incidente nè di avergli comunicato, in violazione dell'art. 1917 C.C., la volontà di voler pagare al danneggiato l'indennità dovuta; infine, in violazione a quanto previsto dal citato art. 4 ter non ha dato prova di aver tempestivamente avvisato l'assicurato della variazione della classe di merito. Va, pertanto, dichiarata l'illegittimità del declassamento con la condanna della impresa assicurativa ad assegnare all'attrice la 2° classe.
Per quanto concerne la ripetizione delle somme indebitamente percepite va osservato che l'istante non ha versato in atti le relative polizze e quindi non è possibile quantificare l'importo indebitamente pagato. In ogni caso, ritenuta l'esistenza ontologica del danno, stante la difficoltà di provarlo nel suo preciso ammontare, si procede alla liquidazione in via equitativa ai sensi degli artt. 1226 e 2056 cod. civ., espressione del più generale potere di cui all'art. 115 cod. proc. Civ. Ed invero è pacifico in giurisprudenza che l'esercizio del potere discrezionale di liquidare il danno in via equitativa, conferito al giudice dagli art, 1226 e 2056 cod. civ., presuppone che sia provata l'esistenza di danni risarcibili e che risulti obiettivamente impossibile o particolarmente difficile, per la parte interessata, provare il danno nel suo preciso ammontare (ex plurimis Cass. 22447/11, 10607/10) e pertanto la convenuta va condannata al pagamento di euro 300,00 oltre interessi dalla domanda. Le spese seguono la soccombenza e vengono liquidate come da dispositivo.
P.Q.M.
pronunciando definitivamente sulla causa promossa come in narrativa, disattesa ogni contraria istanza ed eccezione, cosi provvede:
- accoglie la domanda principale e condanna l'impresa assicurativa convenuta ad assegnare alla società istante la 2° classe di merito nonché la condanna al pagamento in favore della predetta attrice della somma di euro 300,00, oltre interessi;
- condanna, infine, la convenuta al pagamento in favore dell'avv A., distrattario, delle spese di lite che liquida, di ufficio in assenza di nota spese, in euro 40,00 per spese, euro 300,00 per diritti ed euro 190,00 per onorario di avvocato, oltre rimborso spese forfettarie, cpa, iva.
Napoli, li 23/03/12
Il Giudice di Pace
Avv. Felice A. D'Onofrio
Commenti
In Mediazione ci si può scambiare documentazione, richiederne di nuova, compiere verifiche, svolgere accertamenti e fare tutto ciò che è necessario a livello informale in modo che, trovando eventualmente la convenienza in una soluzione alla luce dei nuovi elementi a disposizione, si possa evitare il conseguente ed ineluttabile contenzioso legale con un considerevole risparmio di denaro ed energie.
In Giudizio si deve seguire strettamente il C.p.c. e quindi il G. di P., alla prima udienza, effettua solo una la "transazione" tra le parti in base alla “produzione in atti” a disposizione.
NON ha capito assolutamente NULLA della mediazione quel Giudice, come del resto molti legali che venendo in mediazione si limitano solo a transare come se fossero in giudizio.
L’ignoranza sull’Istituto della mediazione è abissale, soprattutto a riguardo della r.c. auto (oggetto della sentenza del G. di P. di Napoli): anche le Compagnie assicuratrici non partecipano perché dichiarano di essere prive di documentazione (senza sapere che in mediazione si può reperire senza formalità tutto quello che si vuole) o, raramente quando partecipano, inviano agli incontri dei Legali con il solo “mandato a transare” (esempio: “puoi concedere ancora tot euro”) impedendogli, così, di vagliare tutti gli elementi che emergono e, di conseguenza, effettuare scelte alternative, trasformando l’incontro di mediazione in una farsa.
Invero, da un'attenta lettura si rileva come il termine "Transazione", da lei invocato ed utilizzato quasi in contrapposizione al termine "Mediazione", non compare in nessuno dei due articoli citati.
Infatti, l'art, 320 stabilisce che "Nella prima udienza il giudice di pace interroga liberamente le parti e tenta la conciliazione. Se la conciliazione riesce se ne redige processo verbale a norma dell'articolo 185, ultimo comma.
Se la conciliazione non riesce, il giudice di pace invita le parti a precisare definitivamente i fatti che ciascuna pone a fondamento delle domande (...)".
Il successivo art. 322, invece, recita: "L'istanza per la conciliazione in sede non contenziosa è proposta anche verbalmente al giudice di pace competente per territorio secondo le disposizioni della Sezione III, Capo I, Titolo I, del Libro I.
Il processo verbale di conciliazione in sede non contenziosa costituisce titolo esecutivo a norma dell'articolo 185, ultimo comma, se la controversia rientra nella competenza del giudice di pace.
Negli altri casi il processo verbale ha valore di scrittura privata riconosciuta in giudizio ".
Come può ben notare, se è il termine "transazione" che le dà tanto fastidio, questo non è stato usato negli articoli coinvolti nella vicenda.
Sostanzialmente, come l' attività del mediatore anche quella preliminare del Giudice di Pace dovrebbe tendere allo stesso risultato, ovvero alla conciliazione.
Non so quale sia la Sua attività. Tuttavia mi sento di affermare, senza possibilità di smentita o errore, da un lato che non appartiene alla categoria dei Giudici di Pace o degli Avvocati, dall'altro che, sicuramente, appartiene a qualche organismo di conciliazione il cui compito precipuo, allo stato attuale, in questo momento di assoluta incertezza in ordine alla applicabilità dell'istituto, è quello di attaccare Giudici di Pace ed avvocati ed in modo particolare quelli che, credono, e probabilmente a ragione, che la mediazione sia, effettivamente, una farsa.
Le preciso che nel testo della sentenza si legge: “…il procedimento dinanzi al Giudice di Pace già prevede sia la conciliazione…”, per poi giungere ad affermare: “…va, in ogni caso, rilevato che il mancato esperimento o conclusione della mediazione, laddove applicabile, non comporta l'improcedibilità della domanda…”, da cui si deduce che grazie al termine “conciliazione” il G. di P. ha fatto “di tutta un’erba un fascio”, confondendo l’esperimento a sua disposizione (semplice transazione in base ai soli elementi a disposizione) con l’esperimento in sede di mediazione (che prevede l’acquisizione informale di qualsiasi elemento esterno).
Inoltre si consideri che alla base della maggior parte dei conflitti vi è la “mancanza di comunicazione” tra le parti, cosicché accade che la “documentazione prodotta in atti” alla prima udienza sarà per sua stessa peculiarità carente (basata sulle poche informazioni scambiate) ed, infatti, spesso risulta insufficiente, se non integrata con altra, al fine di risolvere la controversia, anzi, spesso è proprio questa “mancanza d’informazioni” che genera il conflitto stesso. Ora: raramente si risolve una vertenza con una semplice transazione poiché è quasi un paradosso pensare di risolvere un contenzioso solo in base all’elemento che lo genera (attraverso la “poca informazione” a disposizione all’inizio della vertenza).
Queste considerazioni non sono “giurisprudenziali” si tratta semplicemente di “psicologia del conflitto”, e aggiungo, rispondendo sempre al Suo commento, che pur non essendo un Legale lavoro con Voi a strettissimo contatto come C.T.P., che sono quasi tutti i giorni in Tribunale (o p/o gli Uffici del G. di P.) come C.T.U. o come Perito del Tribunale, che ho inoltre superato alcuni esami di legge e che, quindi, non sono digiuno di diritto, che NON è mio intento attaccare né i G. di P. né tantomeno gli avvocati con cui collaboro quotidianamente, che con queste mie precisazioni voglio solo diffondere la “cultura del dialogo” che, essendo un modo alternativo di risolvere i conflitti, è considerata da molti (ma non da parte mia) antagonista della Giustizia.
Ancora: la mediazione NON rientra in ambito giuridico e NON preclude l'eventuale successivo ricorso in Giudizio; la mediazione, attraverso il ristabilire un dialogo informale tra le parti, ricerca una possibile conciliazione: sono le parti e non un terzo (il Giudice) a trovare eventualmente la soluzione e, se si arriva ad una conciliazione, le parti escono dall’incontro stringendosi la mano e, a volte, sono più amici di prima. E' la "cultura del dialogo" che rende l'essere umano estremamente più civile rispetto a quello che non vuole comunicare e, arroccato sulle sue posizioni egoiche, litiga. In quest'ultimo caso è necessaria la presenza di un terzo (il Giudice) ma, per perfetta che sia la sua sentenza, al termine del procedimento civile chi prende ragione s’inorgoglisce e chi perde è ancora più arrabbiato di prima, ne consegue che la conflittualità tra le persone aumenta, l’ego si rafforza, e subito dopo sono di nuovo a farsi causa.
Cordialissimi saluti, Per. Ind. Dott. Marco Ambrogiani
A) I mediatori sono impreparati; b) il costo è esagerato; c) è solo una inutile duplicazione dei tribunali e dei gdp.
Tanto le cause si faranno lo stesso ci saranno solo 4 mesi di perdita di tempo e di soldi .
Chi parla di diminuzione del contenzioso non ha assolutamente idea di che cosa sia e di come funzioni la macchina della giustizia civile.
Quella della psicologia del conflitto è strepitosa!
Dott. Ambrogiani senza offesa,e giusto difendere i propri interessi, ma lei non sa di cosa parla.
Non voglio assolutamente assumere le vesti di avvocato difensore di chi mi ha preceduto nella presente discussione relativa alla sentenza in esame.
Il mio contributo è, in realtà, un “pensiero ad alta voce”.
Credo che entrambi gli intervenuti (dott. Ambrogiani e collega avv. Annunziata) siano stati guidati da ottimi propositi.
Ognuno di essi ha esternato delle proprie considerazioni che, sebbene alcune opinabili, evito volutamente di commentare nel giusto spirito di non “ingarbugliare” oltre la vicenda.
Personalmente, però, ritengo che la mediazione sia incostituzionale perché non permette ad ogni cittadino di esercitare il proprio diritto di difesa.
L’onere economico che la parte deve affrontare (di gran lunga superiore ai costi del giudizio ordinario) per attivare il procedimento è altissimo ed è a carico della parte (a differenza del giudizio ordinario ove si può ottenere la condanna alle spese della parte soccombente).
Tale procedimento non garantisce una soluzione (a differenza del giudizio ordinario ove si può ottenere una sentenza).
Infine, se la parte vuole farsi assistere da un legale di fiducia, i costi si moltiplicano.
Quindi molte volte la parte rinuncia a tutelare i propri diritti per mancanza di fondi.
Pertanto si ottiene solo l’ulteriore prevaricazione del più forte sul più debole.
Pensare che l’intento della mediazione sia quello di “ristabilire un dialogo informale tra le parti nella ricerca di una possibile conciliazione: trovare eventualmente la soluzione … evitare litigi, diminuire la conflittualità, ecc.” è solo un’utopia.
Nel caso di controversie in materia di risarcimento danni derivanti dalla circolazione stradale la normativa vigente già impone degli adempimenti che, ove ci fosse la volontà di addivenire ad una conciliazione, consentirebbero di evitare l’instaurazione del giudizio.
In tale fase le parti si “scambiamo” tutte le informazioni necessarie a trovare una soluzione bonaria (es.: documenti, perizie, dichiarazioni testimoniali, ecc.).
Se, nonostante tutto, non si raggiunge l’intesa, allora non c’è mediazione che tenga.
Alla luce di quanto innanzi, e salvo smentite, non ritengo che la mediazione sia il giusto mezzo per il cittadino.
È solo un’altra “trovata” (perché veramente non riesco a dare un altro significato legittimo al termine) per far guadagnare soldi facili “all’amico/a” di turno.
Luciano Miranda
Quindi a mio modesto parere sopratutto per la rca ,la mediazione obbligatoria è una inutile duplicazione che intasera in pochi mesi gli uffici di mediaconciliazione e ingrassera i soliti noti.
Provi ad immaginare un tentativo obbligatorio di mediaconciliazione del valore di 500.000 euro; secondo lei a chi sarà assegnato dall' organismo di mediaconciliazione? (Risposta facile, facile)
Infine a carico di chi saranno le spese (esorbitanti) per tentare una mediazione tra le parti? La giustizia è un lusso per pochi quindi, riassumendo, meglio un cattivo accordo che una causa vinta.
La pronuncia non è corretta e soprattutto deve essere chiaro che il procedimento di conciliazione non contenzioso dinanzi al giudice di pace non è alternativo al procedimento di mediazione.
La ringrazio comunque per la segnalazione
Giancarlo Triscari. Ministero della Giustizia